Interview for Euractiv Italy on Meloni's speech

Here is the link to the article in English (only a few excerpts).

Here is the full transcript (in Italian).

“Spenderemo al meglio i 68,9 miliardi a fondo perduto e i 122,6 miliardi concessi a prestito all’Italia dal Next Generation EU. Senza ritardi e senza sprechi, e concordando con la Commissione europea gli aggiustamenti necessari per ottimizzare la spesa, alla luce soprattutto del rincaro dei prezzi delle materie prime e della crisi energetica”.

Come commenta queste parole pronunciate da Giorgia Meloni oggi alla Camera? In particolare dopo le polemiche relative alla revisione del PNRR susseguitesi durante la campagna elettorale.

Dal mio punto di vista, sono parole di rassicurazione dirette ai mercati, ai partner europei e agli italiani: l’implementazione del PNRR non è a rischio anche senza Draghi alla cabina di regia. Le leggo come un tentativo, più volte ripetuto nel corso della campagna elettorale, di raccogliere la pesante eredità del precedente presidente del Consiglio. Un politico/tecnico non solo apprezzato a livello internazionale ma che ha goduto di una notevole popolarità presso l’opinione pubblica italiana, anche tra gli elettori di Fratelli d’Italia. Queste parole sono anche una prova di equilibrismo dialettico attraverso cui Giorgia Meloni vuole presentarsi come la voce pragmatica (vedi altre parti del suo discorso) in un dibattito europeo prigioniero delle ideologie, irrigidito e chiuso alla critica. Parlo di equilibrismo perché Meloni, nel suo nuovo ruolo di premier e non di leader di un partito di opposizione, dovrà dimostrare sul campo le sue doti di pragmatismo senza perdere il contatto con una parte del suo elettorato che risponde maggiormente a slogan ideologici. Interpreto il riferimento ad “aggiustamenti necessari” proprio come una strizzata d’occhio a quell’elettorato. Difficile commentare queste parole senza sapere su quali capitoli incideranno questi aggiustamenti. Senza entrare nelle complessità legali, cambiare gli impegni del PNRR in corso d’opera è difficile, richiede passaggi relativamente lunghi (dipende dall’entità degli aggiustamenti richiesti) e l’approvazione di diversi attori, il ché cozza con un’idea di piano di ripresa in risposta a un’emergenza fondato su un preciso cronoprogramma. Altra questione è utilizzare parte degli investimenti e delle riforme all’interno della cornice di NextGenerationEU per raggiungere gli obiettivi del piano REPowerEU. Si tratta di una serie di azioni concertate a livello europeo per il risparmio energetico, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e l’accelerazione della transizione verso un’energia pulita. Soltanto per conseguire questi obiettivi specifici, la stessa Commissione ha recentemente previsto una rimodulazione dei Piani di Ripresa nazionali.

“La strada per ridurre il debito non è la cieca austerità imposta negli anni passati e non sono neppure gli avventurismi finanziari più o meno creativi. La strada maestra è la crescita economica, duratura e strutturale. E per conseguirla siamo naturalmente aperti a favorire gli investimenti esteri: se da un lato contrasteremo logiche predatorie che mettano a rischio le produzioni strategiche nazionali, dall’altro saremo aperti ad accogliere quelle imprese straniere che sceglieranno di investire in Italia, portando sviluppo, occupazione e know-how in una logica di benefici reciproci. In questo contesto si inserisce il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Fondi raccolti con l’emissione di debito comune europeo per fronteggiare crisi di portata globale. Una proposta avanzata a suo tempo dal governo di centrodestra con l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti, per anni avversata, talvolta derisa, ed infine adottata”.

Come valuta la strategia economica preannunciata dalla neo premier?

In riferimento al passo citato, da non economista posso solo ricordare che il PNRR non consiste soltanto in un consistente flusso di risorse verso il nostro paese. Si tratta anche, e non in piccola parte nel caso del nostro paese, di riforme destinate a modernizzare il paese e, in parte, garantire l’uso efficiente dei programmi di investimento contenuti nel PNRR. Se dimostriamo di riuscire a mettere a terra queste riforme, liberamente concordate dai nostri rappresentanti insieme alle istituzioni comunitarie, e di riuscire ad assorbire questa enorme mole di finanziamenti europei, c’è da aspettarsi un guadagno in termini di credibilità e attrattività per l’economia italiana. Più che puntando sulla “sovranità tecnologica” o la “salvaguardia dell’interesse nazionale”, il rilancio della competitività dell’economia italiana passa quindi attraverso una tempestiva e corretta implementazione del PNRR. Un banco di prova per il futuro governo sarà per esempio la legge sulla concorrenza.

Meloni si è intestata la battaglia del debito comune europeo, riferendosi al governo di centrodestra di cui faceva parte il ministro Tremonti piuttosto che al governo Draghi. Fa bene a dare merito a Tremonti o è un tentativo forzato di portare acqua al suo mulino?

Non mi stupisce che in molti cerchino di mettere le bandierine sull’accordo che ha portato a NextGenerationEU. Si tratta di un piano che rilancia il processo di integrazione europea dopo un decennio di profonde crisi e cerca di riparare ai danni sociali, economici e, aggiungerei, politici causati dalle politiche di austerità. Inoltre, anche se trovo limitativo valutare il rapporto tra Europa e Italia in termini di semplice dare e avere, l’Italia figura tra i maggiori beneficiari. Senza entrare nella querelle della paternità del piano, che trovo sterile, voglio ricordare solo un fatto. Molti dei lavori accademici che si sono cimentati nella ricostruzione dei negoziati che hanno portato all’accordo (siglato nel Consiglio Europeo del luglio 2020) concordano che i meriti del compromesso vanno attribuiti soprattutto alla leadership franco-tedesca. Partiti da fronti distinti, in pochi mesi dallo scoppio della pandemia i governi dei due paesi hanno intensificato i loro rapporti bilaterali e ricucito le tante divisioni che laceravano i paesi membri in tema di potere fiscale dell’Unione. Per quanto questa narrazione metta in ombra il ruolo di negoziatore dell’Italia, ci spinge a dirigere la nostra attenzione verso questioni più rilevanti e di lungo periodo. Dobbiamo riconoscere, in primo luogo, che la trasformazione di NGEU in uno strumento permanente non può prescindere dall’accordo dei due paesi fondatori. Per il momento, il sostegno tedesco alla proposta è notevolmente più timido di quello transalpino. Secondo, l’Italia ha ancora un ruolo importante da giocare. Il successo del PNRR italiano, per il suo peso economico e simbolico, rappresenta una condizione necessaria per dare una speranza al progetto di un’Unione economica e monetaria in cui il pilastro economico abbia lo stesso peso di quello monetario.

Enrico Borghetto
Enrico Borghetto
Associate Professor
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